Cronaca di viaggio di una giornata alle pendici del Monte Athos, repubblica religiosa ortodossa dove ancora oggi vige il divieto assoluto di accesso agli esseri viventi di sesso femminile.

A parte le galline, pare, perchè ai monaci servono tuorli d’uova freschissime per preparare i colori usati per dipingere le splendide icone.

A dire il vero, anche gli uomini devono sottostare a severe regole di entrata: chiedere un permesso in anticipo, arrivare via mare con il traghetto regolare, essere di religione ortodossa, possibilmente greci, ed andarci per motivi di studio o pellegrinaggio. C’è il numero chiuso, poco piu’ di un centinaio di greci e di una decina di stranieri al giorno.

Dunque possiamo dire che anche gli uomini non hanno vita facile!

Andiamo per ordine: Il monte Athos chiude il terzo promontorio a Oriente della penisola Calcidica, in Macedonia – patria di Alessandro Magno ed Aristotele – regione della Grecia al confine con la Turchia. E’ una repubblica religiosa cristiana ortodossa, vi abitano solo monaci, e tutte le costruzioni sono monasteri, chiese, o edifici ad essi collegati.

Pare che l’ingresso alle donne sia stato vietato per assicurare ai monaci concentrazione e mancanza di distrazioni. Non so se questo possa essere preso come un complimento o un offesa!

Ad ogni modo tengono duro su questo punto, a differenza di molte altre istituzioni laiche sparse per il mondo che hanno dovuto piegarsi ed accettare anche le donne tra gli appartenenti e i soci.

A questo punto vi è un unico modo, al momento, per una donna di poter ammirare, seppur da lontano, i monasteri del Monte Athos: la navigazione lungo la costa occidentale, partendo dalla cittadina di Ouranopolis, alla tassativa distanza di almeno 500 m dalla costa.

Ci si imbarca su di una nave confortevole, grande, dotata di bar e servizi igienici, a tre piani, dunque con abbondanza di ombra: d’estate fa caldo ed il sole è cocente.

I sedili a sinistra accanto al parapetto sono un fantastico punto di osservazione.

Una buona reflex con teleobiettivo consentirà di accorciare la distanza.

Ed ecco che si parte, tre colpi di sirena e via!

Tra i compagni di viaggio oggi troviamo una comitiva di una parrocchia ungherese, vengono a scopi religiosi – e non solo direi, la birra scorre…. come il panorama.

Dopo una ventina di minuti si passa il confine segnato dalle due bandiere – Grecia e Athos – e da due casette, e poco dopo cominciano ad apparire i primi monasteri. Grandiosi, imponenti, a picco sulla roccia, adagiati sulle spiagge, a mezzacosta, cupole rosse e cupole verdi, bianco accecante o pietra rosata, si susseguono lungo la costa.

Gran parte di quei monasteri sono dedicati alla Madonna. Un paradosso, nella repubblica vietata alle donne!

I pellegrini ungheresi cantano dei salmi religiosi nella loro lingua, sono ispirati, probabilmente uno dei monasteri avrà per loro un significato particolari, ma l’incomunicabilità è totale.

Terrazze ad ulivi ci ricordano che siamo nel Mediterraneo.

Ed ecco che, improvviso, svetta il Monte Sacro, Athos, circa 2000 m sul livello del mare.

Ci avvisa che è ora di tornare, siamo arrivati al capolinea. La nave vira e inizia il rientro alla base.

Ci spostiamo sul lato destro, per avere un ultimo colpo d’occhio sulla montagna sacra e sui misteriosi monasteri, ancorati ad uno stile di vita arcaico, determinato dalle difficili condizioni dei tempi passati, in cui nelle zone di confine bisognava arroccarsi, nascondersi, difendersi, per poter seguire la propria religione. Parole che purtroppo suonano stranamente attuali.

Il rientro a Ouranopolis è dopo circa 3 ore dalla partenza.

I caffè sul lungomare invitano ad una sosta, un rigenerante “freddo espresso” (caffè spumoso e ghiacciato) ci rimette in sesto.

Pronte per la prossima avventura, alla scoperta delle splendide spiagge della penisola Calcidica, lungo i promontori di Kassandra, trendy e animata, e Sithonia, selvaggia e incontaminata.

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