Venti opere di grandi dimensioni, creazione di Arturo delle Donne, hanno trovato una perfetta accoglienza lungo il percorso espositivo del Museo d’Arte Cinese ed Etnografico, mostra nella mostra, in una sinergia che si avverte subito, non appena si varca la soglia e s’inizia l’esplorazione delle diversità culturali, in un viaggio di scoperta che si rinnova ad ogni passo.                                    

 La filosofia che ispira la mostra, volta a testimoniare le unicità delle genti che popolano la terra, non differisce dall’ideale che all’inizio del secolo scorso mosse l’allora vescovo di Parma, fondatore dei missionari saveriani, a volere il Museo d’Arte Cinese quale contenitore artistico e documentario, all’insegna dell’amore verso il prossimo, nel duplice impegno di tutela e valorizzazione.
A un anno dalla canonizzazione del fondatore avvenuta nel 2011, il museo è stato totalmente trasformato ad opera di una radicale e ambiziosa ristrutturazione che ne ha fatto uno scenografico palcoscenico open space a vari livelli, dove i versatili spazi contenitori, ricchi di moderni allestimenti sapientemente illuminati, oltre che splendido museo con collezioni di terrecotte, porcellane, paramenti, statue, dipinti, oggettistica varia e monete di tre continenti, diventano di volta in volta parte integrante delle mostre ospitate.

Fotografie di grandi dimensioni in mostra lungo il percorso espositivo

Il centro del salone, che ha per sfondo uno scenografico paravento cinese della metà del sec. XIX costituito da dodici pannelli decorati, non a caso ha come centro simbolico un enorme pouf bianco e nero che rappresenta l’antico simbolo del yin e yang o armonia tra due polarità diverse. Diversità che, se ben equilibrate, diventano la ricchezza della vita, per tutti. A contrastare l’imperante omologazione occidentale, ecco che la conoscenza di diversità culturali, con usi, lingue, abitudini, costumi differenti può costituire un ampiamento di orizzonti e un passo verso l’agognata pace nel mondo, come recita la frase di Confucio “Anche un viaggio di mille miglia comincia con un passo”, scritta, nero su bianco, su una delle pareti.

Abbigliamento e accessori nigeriani

Biologo con dottorato di ricerca in ecologia, Arturo delle Donne è regista e fotografo, dotato di una versatilità fuori dal comune che lo porta ad inoltrarsi nei mondi del food, della moda e del ritratto. Suo è il progetto “Closer Portraits” che conta più di 80 ritratti fotografici di personaggi del mondo dello spettacolo e della cultura. Grazie alla collaborazione alle riprese del documentario “Pope Francis – A MAN OF HIS WORD”, nel 2016 con la regia di Wim Wenders, filma le operazioni di soccorso dei migranti a bordo della Nave CP941 Diciotti della Guardia Costiera Italiana. Un’esperienza fondamentale. È con lo spirito dell’esplorare e documentare le diversità culturali attraverso gli abiti tradizionali, simbolo di appartenenza, cultura e di legame con la terra natia, che s’inoltra nel progetto The homo sapiens, un servizio di “moda” che racconta storie, leggende, riti e culture tramandate.  Un work in progress che conta già un’ottantina di opere di cui le venti immagini esposte nel Museo d’Arte Cinese ed Etnografico fino all’8 marzo 2022 costituisce solo una preview.

Abiti tradizionali delle Filippine

Realizzato con il contributo di Fondazione Cariparma, con il patrocinio del Comune di Parma, “The Homo sapiens” si avvale del coinvolgimento di varie associazioni internazionali quali il Centro Interculturale di Parma, Colori d’Africa APS, Vagamonde, Kwa Dunia, Rotary Club Parma Farnese, CSV Emilia, Scuola Russa Parus, Jeunes Patriotes pour la paix, Communauté de la diaspora ivoirienne de Parme et province, Scanderberg, Associazione Al-Amal, Association de femmes ivoiriennes dynamique de Parme et province, giusto per citarne alcune.

Vestiti albanesi, simbolo di appartenenza e orgoglio delle proprie radici

Gli orari di apertura del Museo d’Arte Cinese ed Etnografico:
da martedì a sabato: dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 19
domenica: dalle 11 alle 13 e dalle 15 alle 19
info@museocineseparma.org.

Testo  di Maria Luisa Bonivento

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