Assistiamo di continuo ai molteplici cambiamenti che l’economia subisce a causa dell’indebolimento di alcune area o dell’aumento delle zone di rischio ed anche in questo senso è interessante valutare le evoluzioni intervenute nel settore ricettivo italiano sia da parte delle compagnie alberghiere che di quelle delle strutture indipendenti.

Il bel paese ha tra le sue peculiarità (Piccolo è bello!) quella della grande frammentazione dell’offerta turistica e sebbene molto stia cambiando negli ultimi 10 anni la strada è ancora lunga, infatti l’Italia, con i suoi 33mila hotel, è il terzo paese per numero di strutture dopo Regno Unito e Germania, seguita da Francia e Spagna, ma è quello dove la penetrazione delle catene è minore: in Italia solo il 4,1% degli alberghi è di catena, contro il 40% del Regno Unito, il 28% della Spagna, il 23% della Francia e l’11% della Germania.

A oggi, gli hotel di catena in Italia sono 1.361 e hanno una capacità media di 109 camere, contro le 33 della media alberghiera nazionale, con una netta prevalenza fra le strutture di fascia alta: sono di catena, infatti, il 49% delle camere a 5 stelle esistenti in Italia, il 30% di quelle a 4 stelle e il 5% di quelle a 3 stelle.

La penetrazione delle catene alberghiere diventa un fattore rilevante nel momento in cui si vuole vedere la capacità di rinnovamento e adeguamento delle strutture alle nuove esigenze di mercato e su questo aspetto si è focalizzata la presentazione presso la BIT 2016 dello studio di Horwath HTL Hotel Chains in Italy 2016 che si è realizzato grazie anche alla collaborazione di Associazione Italiana Confindustria Alberghi e RES – STR Global e TrustYou™.

Gli esiti della ricerca sono stati presentati da Giorgio Ribaudo,  Project Manager di Horwath HTL e discussi da Giorgio Palmucci, Presidente di Associazione Italiana Confindustria Alberghi.  

Si assiste ad un sempre maggiore interesse d’investimenti stranieri sul territorio che possono portare l’Italia a competere con i big mondiali del settore turistico .

Secondo Giorgio Ribaudo, Project Manager di Horwath HTL – “La crescita della presenza delle catene è una delle prove del processo di rigenerazione del sistema alberghiero italiano. Non è un fattore a cui guardiamo come positivo per se ed in quanto tale, ma può portare beneficio ad alcune destinazioni ed in specifici segmenti di offerta, soprattutto quando non da luogo a nuove camere nel sistema ma al rinnovamento e riposizionamento di quanto esiste già. L’aumento della componente estera nella domanda alberghiera è sintomo e causa allo stesso tempo di una maggiore attenzione delle catene internazionali verso il nostro Paese”

Bisogna ricordare che al momento ci sono in Italia ben 25 alberghi in costruzione per investimenti superiori al 1,5 miliardi mentre sebbene siano molteplici le potenzialità su tutto il territorio la più alta concentrazione di alberghi di catena si trova a Roma, Milano, Firenze e Venezia, che insieme ne detengono più di un terzo, confermando la prevalenza del settore business a quello leisure.

Infatti, sempre BIT, venivano presentati i dati 2015 dell’Osservatorio Business Travel, la ricerca che analizza il mercato del turismo d’affari in Italia, che è condotta dal professor Andrea Guizzardi e realizzata con il supporto scientifico e tecnico della Scuola Superiore di Scienze Turistiche e il patrocinio del Dipartimento di Scienze Statistiche dell’Università di Bologna e divulgata tramite la rivista ‘Turismo d’Affari’. Confermato l’andamento positivo iniziato nel 2014, i viaggi d’affari delle imprese italiane sono cresciuti nel 2015 del 3,3% rispetto al 2014 raggiungendo quota 31,8 milioni con un incremento su tutti i segmenti. Nel 2015 la spesa per i viaggi d’affari sale a 19,5 miliardi di euro (+2%). Molto differenti le dinamiche sui segmenti nazionale (+ 3,3%) e internazionale (+1,2%) soprattutto a causa dei prezzi dei servizi travel, in diminuzione sul mercato internazionale, mentre in Italia il crollo del costo dei carburanti è stato in parte bilanciato da importanti aumenti nel costo dei passaggi aerei e degli hotel . Questo ha ridotto il numero dei pernottamenti anche a causa dei servizi low cost, alla sharing economy e alla percezione che si possa ridurre i costi aumentando la frequenza di visita (escursionismo d’affari in aumento del 4,5%). Per l’aspetto motivazionale, molto positivo l’andamento del terziario che conferma la volontà d‘investire in incontri con clienti e fornitori, così come anche il settore congressi e fieristico .

Anche il 2016 sarà un anno a segno più secondo i travel manager, a crescere saranno soprattutto spesa e trasferte sui mercati ‘core’ per il terziario ovvero i segmenti nazionale ed europeo. Nel complesso le valutazioni dei travel manager indicano un aumento della spesa, in termini nominali, tra 2,5 e 4,5%. 

Monica Basile

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