Dopo Londra e Amsterdam, anche la Regione Lombardia ha legiferato in materia di sharing economy con la legge regionale approvata di recente con 40 voti a favore. In questo modo il capoluogo lombardo comincia a regolamentare il tema delle strutture ricettive non alberghiere gestite da privati e si allinea alle maggiori capitali europee che si sono già mosse in tal senso.

Fino a oggi, i lombardi che affittavano o condividevano oltre tre alloggi di proprietà dovevano gestirli in forma d’impresa alberghiera. In caso contrario si ricadeva nell’illegalità. Le nuove norme stabiliscono, invece, che l’home sharing non è classificato come attività professionale e che i residenti in Lombardia sono liberi di condividere le loro case occasionalmente, in cambio di un pagamento. Chi affitta in più di tre alloggi deve rispettare alcuni standard in materia di igiene, abitabilità e fasce di prezzo, comunicando in anticipo dei minimi e dei massimi. Occorre stipulare le assicurazioni di responsabilità civile, ma non c’è più l’obbligo di segnaletica fuori dagli appartamenti, oltre ad essere alleggeriti i complessi oneri di notificazione vigenti fino ad oggi.

La legge stabilisce che affittare occasionalmente case non è un’attività professionale. Per gli host molti meno oneri burocratici. Rimane l’obbligo di comunicare alla Questura i propri ospiti

Siamo davvero felici che anche il mondo politico italiano stia prendendo una posizione in tema di home sharing e che venga così riconosciuto l’impatto positivo che questo fenomeno ha avuto e sta avendo sempre di più sui flussi turistici a Milano e nell’intera Lombardia anche e soprattutto durante EXPO. – commenta Giovanni Quaglia, PR Manager Italia di Wimdu, la più grande piattaforma europea per la ricerca di appartamenti privati in città – Naturalmente siamo a completa disposizione per lavorare fianco a fianco delle Autorità per contribuire a migliorare il quadro legislativo di riferimento.

Info: www.windu.it

Giovanni Scotti

 

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