Free-ride : letteralmente, cavalcare liberi, girovagare liberi.

Nel linguaggio di noi sciatori è: il fuori pista.

A voler ben guardare, stiamo parlando delle origini dello sci, quando le piste non esistevano e qualunque discesa era un fuori pista; si era liberi di girovagare, di scendere, di cavalcare la neve, non battuta, in qualunque direzione.

Poi sono arrivati i gatti, le piste tirate a biliardo, dove, non lo nego, è bello scendere  a velocità sostenuta, “carvando” e tirando una curva dietro l’altra sicuri che in fondo troveremo un velocissimo impianto di risalita che ci riporterà a rifare ancora una volta la stessa discesa, non dico la stessa pista ma lo stesso “tipo” di discesa.

E allora ecco che scatta qualcosa dentro, non a tutti, lo ammetto, che, inizialmente, ti porta a sciare sul bordo  della pista dove gli sci scompaiono sotto la neve spostata da altri, poi vai un po’ più in là, entri, magari, nel bosco dove il vento non ha rovinato la neve e scompaiono non solo gli sci ma anche mezza gamba, la neve arriva al ginocchio e cominci a provare piacere, piacere nel non sentire i rumori dei pistaioli, piacere nel sentire gli sci galleggiare; non devi dare la precedenza a nessuno, se non agli abeti e ti accorgi che usarli come paletti è più divertente, più magico.(attenzione questi non si piegano !!!)

Ma poi torni in pista, beh, ok ho provato ma…….no, no, la pista è un’altra cosa.

Arrivi a valle, hai ancora nelle orecchie il silenzio del bosco e, magari, negli occhi, la fugace apparizione di un capriolo o di un camoscio.

Arrivi a valle e senti il ronzio degli impianti, vedi la coda che ti aspetta, ma, soprattutto, senti sotto gli sci qualcosa di diverso, non è più la stessa sensazione provata nel bosco o la scarica di adrenalina che ti aveva dato la prima curva saltata di quel canalino ripido ed a questo punto ti rendi conto di essere      ammalato…….ammalato grave….incurabile.

Powderite, freeraidosi……chiamala come vuoi, ma sappi che hai la malattia più bella che ogni sciatore potrebbe avere e, soprattutto, è cronica, incurabile……

Cominci a leggere riviste specializzate, ti informi sugli sci larghi, con le code rialzate etc .

“però a patto che non si fatichi a salire e che la neve sia sempre polverosa !!! “

Si grazie e a chi non piacerebbe….e magari anche con il sole e che non faccia freddo….?

Le cose belle della vita vanno sofferte perché così apprezzi ancora di più il loro fascino.

E via a cercare itinerari che ti consentono di concatenare canalini ripidi con discese nel bosco, magari anche se c’è da fare una mezz’oretta con gli sci in spalla.

“beh ma a questo punto comprati anche gli attacchi da free-ride e già che ci sei due pelli nello zainetto buttacele, fai meno fatica che a scaletta.

Ah non dimenticarti l’arva (ed un amico che ti spieghi come si usa e… la pala…e…. la sonda …..e…. il casco (ma quello se sei furbo ce l’hai già)…. quattro cose per il pronto soccorso, pinza, cacciavite etc….e lo zainetto non basta più; prenditene uno dove ci sta tutto, anche la macchina fotografica, o meglio la videocamera (visto che è meglio non andare da soli e così hai qualcuno che ti filma). Ah e  qualcosa da bere…”

E a questo punto sei una via di mezzo tra il pistaiolo e lo sci alpinista

“eh no !!! come quei fanatici no!!!”

Ok, ok, tanto prima o poi ci arrivi……

Ne ho conosciuti tanti che dicevano così….adesso fanno il Mezzalama !!! (uno dei rally sci-alpinistici più duri al mondo n.d.r.)

Comunque gli impianti ci sono e tanto vale utilizzarli, anche perché le gambe arrivano su più riposate.

Si scia dovunque e comunque, con qualunque neve, certo, meglio se è bella, ma per questo ci sono i bollettini meteo, c’è internet e poi la nostra esperienza e gli amici che troveremo, che, inizialmente diffidenti, perché hanno paura che qualcuno gli rovini la traccia, troveranno piacere poi a condividere la gioia di una discesa in compagnia.

È normale che una malattia degeneri e spesso il sintomo di un peggioramento è quando non possiamo togliere gli occhi di dosso ad un canalino ripido o ad un pala coperta di neve vergine.

Bene, sappiate che un canale o una parete visti di fronte e da lontano sembrano sempre molto più ripidi di quanto non lo siano veramente. Provare…per credere

La riprova è che certe discese, considerate ripide sino a qualche anno fa, con l’evoluzione dei materiali, della tecnica, sono diventate accessibili a molti.

Una buona preparazione atletica è d’obbligo, la familiarità con la curva saltata, fare senza problemi l’inversione a monte e a valle vi permette di uscire da situazioni imbarazzanti e difficili; e poi c’è sempre il detto di casa mia “se de chè va zo l’aqua, pòde  nà anche me…..abbastanza chiaro? ( se di qua scende l’acqua,posso scendere anch’io)

Un’ultima cosa, importantissima: non sottovalutate mai i pericoli, la montagna non è un’assassina, ma va rispettata, ricordiamoci che ne sa sempre una più di noi; un corso informativo sulle valanghe ? fatelo !!!

Fate  un salto in libreria a cercare una buona guida, prendetene una qualunque che vi parli di fuori pista, aprite la pagina a caso e scegliete la vostra prima discesa.               Iniziate con : dislivello in salita: nullo

Località di arrivo: impianti di……(arrivo da dove sono partito)

Poi, piano, piano vi farete anche qualche salita a piedi e qualche rientro in autostop

Questo è il fascino dello sci fuori pista…… fuori pista, ma piantiamola di chiamarlo così, dimentichiamo la pista in quanto tale. E cominciate a tappezzare gli sci o l’auto con adesivi come questo,     creato da un amico che ha un negozio specializzato in free-ride nella mia città, a Brescia.

Dalla prossima puntata parleremo di itinerari di free-ride.

Inizieremo dalle Dolomiti, perché sono le più conosciute, le più frequentate e quelle meglio servite dagli impianti di risalita ma moltissime altre zone (Val d’Aosta, Valsesia, Cuneese, Stelvio, Adamello)offrono infinite possibilità di divertimento. Se poi avete tempo e soldi: Verbier, St Anton, Davos, Lech  e perché no: Colorado, Utah, Alaska,Canada………e chi più ne ha più ne metta……..e intanto cominciate a farvi un po’ di gambe, perché, alla fine, è l’unica cosa che serve veramente…….e che la polvere sia con voi.  

  testo e foto di ADRIANO GATTA

                                              

 

 

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